Francesco Coniglione, Il nazismo dentro di noi
13-06-2025
Il nazismo non è solo quello che si manifesta in modo chiassoso con bandiere e slogan, ispirate a simboli e idee tipiche di quel periodo funesto in cui esso esercitò la sua malefica azione. Ve n’è anche uno, spesso nascosto, che alberga nell’animo di molti che si sentono “liberali” e in linea con i “valori” dell’Occidente da loro difesi: esso si dispiega in quel sentimento – a volte persino in una teorizzazione (e non sono mancati i filosofi e teorici di ciò) – che non riconosce nell’altro la medesima umanità che viene attribuita a se stessi e al proprio gruppo socio-culturale: è la sub-speciazione – come l’avrebbe chiamata Konrad Lorenz –, il principio che rende moralmente non onerosa l’uccisione di chi ha sì le sembianze di un essere umano (due braccia, due gambe, un volto e così via), ma nella sua sostanza non è un umano, ma una specie animale di categoria inferiore e quindi impunemente violentabile, sino alla uccisione. Era il sentimento posseduto da chi colonizzava il West nei confronti dei pellerossa, di chi faceva la tratta dei negri per renderli schiavi nelle piantagioni di cotone, di chi riteneva gli orientali (cinesi, indiani o quant’altro) degli esseri inferiori e quindi bisognosi di guida ed educazione, punibili ed eliminabili ad libidum qualora non accettassero tale superiore imperio; e così via, essendo la storia ricca di episodi del genere.
Un esempio di questo atteggiamento m’è capitato di osservare quando ho fatto un commento ironico-sarcastico a chi si mostrava soddisfatto per legge sulla tutele degli animali approvata in via definitiva dal governo su iniziativa della Brambilla: «I palestinesi sono compresi (visto che sono stati definiti animali da qualche ministro israeliano)?». Era un modo per mettere in luce lo strabismo di chi si preoccupa per gli animali e non profferisce parola neanche di semplice carità umana verso donne e bambini uccisi da una indiscriminata rappresaglia. Al che l’ineffabile autore del post che lodava la suddetta legge – intellettuale, scrittore e storico – ha risposto che «i membri di Hamas e coloro che hanno solidarizzato con loro […] sono meno degli animali ai quali ho portato sempre rispetto», ricevendo persino dei like di altri che si sentono anche loro intellettuali illuminati.
Un’affermazione del genere va – a mio avviso – al di là di ogni principio giuridico e umanitario, perché è il presupposto di uno sterminio indiscriminato di gente che non ha commesso direttamente alcun delitto od omicidio: a solidarizzare con Hamas, infatti, è stato ed è (tranne poche eccezioni) l’intero popolo palestinese di Gaza, che vede in tale gruppo politico (liberamente eletto in contrapposizione all’OLP e sostenuto ai suoi esordi persino da Israele, che così voleva delegittimare la principale organizzazione politica palestinese) un modo per reagire alla decennale oppressione subita da Israele. Ma lo sono anche – per estensione – tutti coloro che in Occidente hanno espresso condanna verso la politica israeliana a Gaza, non a caso tacciati di antisemitismo e di fiancheggiamento dei terroristi. Così, in base a tale principio, l’opera di sterminio in corso a Gaza viene derubricata da genocidio di esseri umani a eliminazione di capi di bestiame, di esseri sub-umani che non meritano di vivere, perché meno degli animali (per questi ultimi, vale almeno la legge di tutela appena approvata). E la censura verso coloro che esprimono dissenso verso quanto sta accadendo a Gaza diventa pienamente giustificabile: bisogna metterli a tacere, se proprio non li si può eliminare. Vale molto di più, per chi sostiene un tale punto di vista, il gattino intrappolato su un albero o il cane picchiato dal padrone, che dei bambini bruciati vivi dalle bombe o colpiti alla testa da cecchini dell’esercito israeliano.
Siamo qui al di là di ogni principio di civiltà giuridica, al di là di ogni considerazione illuministica sulla pari dignità di tutti gli uomini e dei principi in difesa della sacralità della vita umana – che appunto valgono per coloro che vengono definiti uomini, non certo per chi è meno degli animali; al di là del principio di Beccaria per cui la pena di morte deve essere abolita, anche per i più feroci criminali; siamo al di là del principio per cui non può esserci una punizione collettiva di un’intera etnia o gruppo sociale sulla base del crimine commesso da alcuni dei loro appartenenti (una volta si chiamava rappresaglia): la responsabilità è comune e tutti sono chiamati a risponderne, anche donne e bambini, che ancora nemmeno sanno dell’esistenza di Hamas.
Ecco quindi il nazismo che alberga in noi: tale svalutazione dell’umanità nell’Altro, tale considerazione che esso appartenga a una sotto-razza, è stato il cemento ideologico che ha alimentato lo sterminio nazista del popolo ebraico, appunto ritenuto “razza inferiore”; era il modo in cui le singole persone – che volenterosamente appoggiavano o si facevano interpreti di tale politica di sterminio – giustificavano il proprio operato, alleggerendo la propria coscienza e rendendola indifferente a quanto stava avvenendo. Ma, ahimè, è oggi lo stesso sentimento nutrito dalla grande maggioranza della popolazione israeliana verso i palestinesi, di cui è interprete il governo di Nethanyau, come dichiarato apertamente da molti suoi ministri, per non parlare dei coloni.
È di questo sentimento, di questo grumo di odio misto a giustificazione pseudo-antropologica sulla inferiorità o non umanità dell’Altro, del suo essere meno degli animali, che si alimenta la pratica nazista. È questo il nazismo che sta dentro di noi, anche nelle persone più insospettabili e civili, e sul quale bisogna vigilare, molto più che sui chiassosi e pittoreschi assembramenti di braccia tese.